“I tre posti da evitare assolutamente: dietro ai muli, davanti ai cannoni, vicino ai superiori”. Questa era una massima molto citata fra noi militari. Dai racconti e dalle foto di Sandro Cerri, veniamo a sapere che non sempre la massima dice il vero. Per esempio, rispetto ai cannoni, qualche volta era pericoloso anche starci dietro. Stralciamo, come sempre, dalla sua testimonianza in “Ultime Voci dalla Grande Guerra”
“Il bombardamento aveva raggiunto un’intensità mal sopportabile dai nostri mortai, il cui calibro richiedeva un certo intervallo tra un tiro e l’altro. Nella mattinata scoppiò un nostro pezzo, per una granata deflagrata all’interno della canna. Non vi furono vittime, essendo stati rispettati gli ordini severissimi di porsi al riparo dietro i sacchetti di terra prima dello strattone del cordino percussore.
Verso mezzogiorno, un secondo pezzo seguiva la stessa sorte; una grossa scheggia troncò nel mezzo un albero, facendolo ripiegare sulla parte rimasta in piedi. Nel pomeriggio, mi venne il desiderio di recarmi a fotografare l’albero. Avevo appena scattato la foto, quando notai, a una cinquantina di metri, il terzo pezzo pronto a sparare. Mi diedi a correre per portarmi a distanza di sicurezza ma, temendo di non fare in tempo, mi gettai dentro il cratere scavato da una granata e mi rannicchiai verso terra. Il gesto fu provvidenziale, e la fortuna, ancora una volta, mi salvò la vita. Il pezzo saltò in aria, ed io venni letteralmente sommerso di terriccio. Un sasso mi colpì al viso. Mi rialzai con la faccia imbrattata di sangue: un graffio profondo al naso, il labbro inferiore spaccato, e un altro taglio presso la narice destra. Per fortuna si trattava di un sasso, ma se fosse stata una scheggia?”