Intervista al Poeta Francesco Paolo Delaquila

LOCANDINA - Il Giorno della Memoria
La bellezza per “non dimenticare”: sabato scorso l’evento all’Anmig di Barletta
2 febbraio 2017
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Delegazione Anmig presso l’82° Pinerolo caserma R.Stella a Barletta
2 febbraio 2017

Intervista al Poeta Francesco Paolo Delaquila

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http://www.odysseo.it/memorandum-pace%E2%80%A8-intervista-francesco-paolo-dellaquila/

Il 28 gennaio 2017 c’è stato l’evento culturale promosso dalle associazioni Anmig e Ancr della sezione di Barletta. Si è parlato di “Che fine ha fatto Weisz? La panchina di Auschwitz”, prosaica stesura di una scottante storia di sport e deportazione. Abbia parlato con l’organizzatore.

“Perdonate ma non dimenticate mai.” L’invito di Papa Giovanni XXIII riecheggia nelle parole del Professor Angelo Raffaele Amorotti, ricercatore universitario presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Ateneo di Bari, che, lo scorso 28 gennaio, ha introdotto l’evento culturale promosso dalle associazioni Anmig e Ancr della sezione di Barletta. Incontro introspettivo riguardante la memoria dell’Olocausto. Affiancato da componimenti poetici di autori del calibro di Paolo Polvani, Carmelania Bracco, Mariaelisabetta Capogna, Eugenio Panaro, Anna Maria Dellaquila, Lucia Pinto e Michele Spiripicchio, persino il Sottoscritto ha avuto l’onore e l’onere di presentare “Che fine ha fatto Weisz? La panchina di Auschwitz”, prosaica stesura di una scottante storia di sport e deportazione, edito da questa testata. Allietata dal pianoforte di Antonio Luigi Musti, la serata ha riscosso discreto successo in termini di critica e pubblico. L’ottima organizzazione è appannaggio del regista Francesco Paolo Dellaquila che, gentilmente, ha voluto rilasciarci questa intervista.

Ciao Francesco. Curando la regia di un evento per la commemorazione dell’Olocausto, hai riscontrato una partecipazione attiva anche da parte dei più giovani?

L’intento ogni anno di organizzare un evento sulla commemorazione dell’Olocausto ha essenzialmente l’obiettivo di coinvolgere soprattutto i giovani. Le motivazioni di questa scelta sono molteplici e facilmente immaginabili. Quest’anno, a differenza dell’anno scorso, quando intenzionalmente ho scelto di adattare un memoriale di un deportato, oltretutto mio maestro di scuola elementare “Domenico Morra”, in forma teatrale recitato a più voci e presentato anche a giovani studenti, ho optato per un’altra via. Infatti, siamo stati ospitati in due scuole medie qui a Barletta e presso istituti superiori di Trani e Bisceglie. Durante la recitazione ho potuto verificare personalmente, soprattutto negli auditorium delle scuole superiori, un inaspettato interesse da parte degli studenti. Mi resta impressa una domanda di uno di loro che, ignorando gli anni ormai trascorsi, alla fine della rappresentazione mi disse: “Ma lei è il maestro Domenico Morra?” Questo perché nella rappresentazione teatrale raffiguravo il personaggio nel maestro deportato nel campo di concentramento o campo di lavoro che sappiamo, diverso dai campi di sterminio anche se quel tipo di lavoro aveva, in definitiva, lo stesso scopo di annientare i prigionieri. Quest’anno ho voluto verificare in quanti e chi avrebbe risposto alla mia richiesta, pubblicata su Facebook, di partecipare come autori all’evento sull’Olocausto. Devo dire che, purtroppo, non ho avuto segnali incoraggianti da parte dei giovani, c’è stata solo una piccola rappresentanza durante l’evento anche se va tenuto conto che il locale non ha molto spazio e in città c’erano altre iniziative simili. La sensazione personale è che non si pensi molto al loro coinvolgimento soprattutto da parte di chi dovrebbe, benché venga ribadito il contrario.

Le associazioni Anmig e Ancr sono, da sempre, a sostegno di tematiche sociali come la pace universale. Credi che le nuove dinamiche politiche, soprattutto con le limitazioni trumpiane, possano farci incorrere nel pericolo di una nuova persecuzione di massa?

Mi poni una domanda alla quale neppure studiosi e storici troverebbero risposte concordanti, tuttavia, cerco di esprimere il mio pensiero. Come dice la giornalista Viviana Damore, noi nel nostro piccolo, come associazione, contribuiamo a cambiare il mondo! Certo un’ambizione, questa, che appare esagerata, ma sappiamo che il mondo è formato da tanti piccoli gruppi come il nostro, così come il mare è formato da tante piccole gocce. Si consideri anche con quanta tenacia perseguiamo costantemente l’obiettivo che sta a cuore alle associazioni Anmig e Ancr, anche quando i temi sono di altra natura: “Il bene comune della pace”. Trump è un umanoide con lo sguardo esclusivamente attraverso il cunicolo che contiene economia e finanza! “Più fabbriche e meno ambiente per contribuire meglio e più energicamente alla morte del mondo”! Dico io. Ed ogni ostacolo a questa scelta, scellerata, secondo lui, deve essere annientata. Non so se possa esserci il rischio di una nuova persecuzione di massa sapendo benissimo che ogni momento va collocato in quel contesto storico. Tuttavia le prime avvisaglie ci sono: ho visto uomini adulti piangere negli aeroporti per essere stati respinti! Mi auguro che possa riflettere meglio sulle scelte già anticipate in una folle campagna elettorale. Sono stati folli anche gli elettori? Non so, non mi rendo conto, ma ho sensazione che siamo ad un punto di svolta epocale, una specie stravolgimento globale i cui effetti non si possono né prevedere, né immaginare, di certo però, non appare essere una svolta positiva! Le decisioni di Trump, certo non hanno al momento nulla a che vedere con le deportazioni naziste, ma nessuno può dire che non si vada verso direzioni simili e altrettanti pericolose. Ma non c’è neppure da dimenticarsi che nel mondo, dall’Africa all’ex Urss, ci sono regimi che soffocano la libertà con ogni mezzo compreso quello definito dalla comunità internazionale come “crimini contro l’umanità”. Cosa può fare la comunità internazionale? Nulla, perché gli sguardi sono sempre verso obiettivi a vantaggio della ricchezza e del potere anche da parte di chi non dovrebbe.

La locandina dell’evento, ideata e disegnata dal barlettano Antonio Falconetti, noto autore di testi in vernacolo con lo pseudonimo di “M’arress”, raffigura due detenuti in divisa carceraria che si dilettano a strimpellare un violino. Alla luce di quanto presentato durante la serata del 28 gennaio, quale impatto può avere l’arte, sia essa musicale o poetica, nell’edulcorare, laddove possibile, ricordi indelebili e ferite laceranti?

Nei campi di concentramento e di sterminio, i musicisti internati, come dice il nostro concittadino e maestro Francesco Lotoro, conosciuto ormai a livello internazionale per le sue numerosissime ricerche in tutti lager ancora esistenti, non smisero mai di comporre musica. Scrivevano ovunque fosse possibile e persino sulla carta igienica! I nazisti uccidevano i loro corpi, ma le loro anime sono rimaste eterne in quelle musiche raccolte e suonate. Quelle musiche ci consegnano stati d’animo di momenti terribili come mai in altri tempi sia accaduto. Sono musiche, opere, che vanno a moltiplicare e a consolidare le testimonianze fotografiche e le voci dolenti dei pochi sopravvissuti. La musica, la poesia e tutta l’arte, non salvano il mondo dalle guerre, ma di certo fertilizzano le menti dell’uomo verso la pace. Come dico in una conferenza presente su You Tube sulla musicoterapia, il ragazzino che impara la musica e si avvicina ad uno strumento musicale, non avrà mai l’idea, per esempio, di provare diversivi come l’alcol e la droga!

Come giudichi l’esasperato negazionismo di chi preferisce svilire le scelleratezze naziste, piuttosto che ghermire le brutali memorie di un efferato genocidio?

Secondo il mio modesto pensiero, il negazionismo non esiste. Esiste solo una grave forma di fanatismo e soprattutto di ignoranza, l’ignoranza del non sapere e del non conoscere nonostante le innumerevoli prove esistenti. A favore del negazionismo, purtroppo, c’è anche un altro elemento, il tempo. Cosa accade? Coloro che hanno sopportato le deportazioni e si sono salvati per miracolo, sono sempre meno e tra qualche anno scompariranno del tutto. Dico: una cosa è la testimonianza espressa da un paio di occhi visibilmente diversi da ogni altro essere umano, da una voce che dal vivo, mentre racconta l’orrore, lo stesso orrore si trasferisce direttamente in chi ascolta procurandogli quasi la stessa sofferenza. Un’altra cosa è guardare immagini e documenti o anche le testimonianze dirette attraverso gli organi d’informazione. Mio padre ha vissuto la guerra in prima persona, ferito ed invalido, spesso ci raccontava le dolorose vicende. Io ho sofferto oltre che la fame, anche lo stesso dolore di vedere mio padre in quelle condizioni. Mio figlio non sa che poche cose di tutto questo benché l’abbia informato a dovere. Ma posso ben dire che, comunque, ha percorso la sua dritta via senza tentennamenti se non quelli leciti di un essere umano di giovane età. Le nuove generazioni sono lontane ormai da quegli echi orribili che sempre più si vaporizzano. Il prof. Amorotti, diceva nell’evento, della sua testimonianza vissuta dopo aver visitato il campo di stermino di Auschwitz II. “Sentivo, benché ci fosse silenzio, un cupo rumore di sottofondo agghiacciante!” Coloro che negano, probabilmente fuggono anche dal voler sapere quel che di tanto disumano è accaduto. Concludo con alcune parole che mi vengono spesso in mente di una mia insegnate d’italiano: “Le guerre all’uomo servono!” diceva. Probabilmente so cosa voleva dire: solo chi prova la sofferenza della guerra poi sa quanto sia importante la pace. Certo oggi questo non posso accettarlo. Non posso accettare una guerra per poi raggiungere la pace!

Progetti futuri?

Prossimamente concluderò l’anno accademico con l’Università della Terza Età di Barletta, dove collaboro da qualche anno come docente esterno. Sono quattro eventi, per lo più monologhi di cui due già presentati. Nell’ultimo dei due c’è stato anche un dialogo recitato con la bravissima attrice Agata Paradiso. Entro l’anno spero di pubblicare l’ultimo mio libro dal titolo “Un mondo in quattro quarti”. Riporto un breve stralcio della recensione di Francesca De Santis, docente di lettere presso l’Itis di Andria: “Un lavoro che fonde assieme e sembra riproporre tutto quanto egli ha già scritto in versi o in prosa, ossia liriche e brevi racconti, pubblicati o no, che di volta in volta illuminano e svelano solo una piccola parte dell’animo del poeta; è una “summa” disordinata di scene che si riaffacciano nella memoria di Francesco ma che riescono a tratti a rievocare nella mente del lettore un passato comune a molti, mezzo secolo di vita italiana, di vita barlettana.” Un altro progetto è di ripetere ciò che è stato presentato durante l’estate dell’anno scorso: un evento per la valorizzazione del nostro vernacolo, tema che reputo importante per la conservazione delle nostre origini. Ovviamente anche qui ci sarà sempre spazio per argomenti che, come sempre, riguardano la pace. Per ultimo, ma certo non meno importante, è di far parte con Paolo Polvani, Ester Alfarano ed altri a “L’Incipit del Libro” qui a Barletta.