IL GENERALE DOMENICO LATILLA: L’ULTIMA A SPEGNERSI FRALE “ULTIME VOCI”

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IL GENERALE DOMENICO LATILLA: L’ULTIMA A SPEGNERSI FRALE “ULTIME VOCI”

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di Valido Capodarca

Primavera del 1990. Cercando personaggi utili per “Ultime Voci dalla Grande Guerra”, lessi su un numero de “L’autiere” che il Presidente della Sezione A.N.A.I. del Tigullio era il generale Domenico Latilla, Ragazzo del ’99. “E’ l’uomo per me!” mi dissi e subito telefonai alla sezione cercando un contatto col generale. La sera dopo, al telefono di casa arrivava una telefonata:
“Sono Gino Latilla, mio zio Domenico mi ha chiesto di prendere contatto con lei”.
L’indomani, Gino Latilla, il famoso cantante plurivittorioso a Sanremo, interprete di canzoni famosissime come “Tutte le mamme” e”Vecchio Scarpone”, insieme alla sua nuova compagna, era con me al Circolo Ufficiali della Caserma Perotti. Lo trovai in forma smagliante nonostante viaggiasse verso la settantina, e gli feci i miei complimenti:
“Io –mi spiegò Latilla – uso una medicina speciale: ogni mattina, appena sveglio,mi prendo due pillole di “Menefrego” e sto bene tutto il giorno”.
Presentai il cantante a un collega e quegli, volendo fare sfoggio di cultura musicale:
“Allora lei è Flo Sandons!”, disse rivolto alla signora.
“No –rispose lei alquanto acida – io sono quella che ne ha preso il posto”.
Spiegai a Gino cosa intendevo chiedere allo zio e quello mi fornì il numero di casa per contattarlo direttamente.
Al telefono, il generale si schermì, dicendo che, essendo passati 72 anni, aveva pochi ricordi.
“Signor Generale – lo tranquillizzai – se la scriva da se, la sua storia, quello che ricorda, non importa, e me la mandi”.
Una decina di giorni dopo ricevevo una voluminosa lettera manoscritta, di parecchi fogli. Il generale, in buon italiano, e con una lucidità da far invidia a un ventenne, raccontava il breve ma intenso periodo da lui trascorso nel conflitto; il testo, integrale, è oggi leggibile nel libro. Nello stile, emergeva un profondo e mai sopito amor di Patria.
Nel frattempo, il generale era arrivato sulla bocca di tutta la caserma della quale egli era stato comandante agli inizi degli anni Cinquanta con il grado di colonnello.
Incredibilmente, però, era trascorso così tanto tempo dal pensionamento del generale, che in caserma non esisteva più nessuno che lo avesse conosciuto di persona. Anche coloro che con lui erano giovani sergenti, avevano avuto tutto il tempo di percorrere l’intera carriera da sottufficiali e, diventati maturi marescialli “Aiutanti”, erano andati in pensione. L’unico che poteva parlarne per conoscenza diretta era il barbiere, ragazzo appena assunto ai tempi del generale, e ormai vicino ai 65 anni e pronto a lasciare il servizio. I marescialli e gli ufficiali già in pensione facevano, comunque, a gara, a delineare il personaggio.
Latilla, alias “Il terrore”. Ogni mattina, il primo che lo vedeva arrivare lanciava l’allarme: “C’è il colonnello Latilla”. Ognuno evitava di farsi vedere dove avrebbe potuto incontrarlo perché un incontro con lui equivaleva, con quasi certezza, a una lettera di arresti.
Solo una persona era in grado di comandare il generale, ed era sua moglie, tre anni meno di lui, ed a questo proposito uno dei marescialli in pensione mi raccontò un saporito aneddoto.
Il generale e sua moglie abitavano e dormivano in caserma, nel loro alloggio di servizio. Una sera la signora Latilla, rientrando in casa, sorprese un soldato che stava facendo pipì dietro un albero. Scandalizzata, andò a protestare dal marito il quale, convocato l’ufficiale di Picchetto, che in quel momento era il sergente maggiore Arno Superina, gli ordinò:
“Trovami subito il colpevole, entro un’ora voglio qui davanti a il soldato visto da mia moglie!”
I soldati, nel frattempo, erano tutti andati a dormire, e il silenzio era già suonato. Dopo un’ora, il generale chiamò ancora l’ufficiale di picchetto.
“Beh, l’hai trovato il soldato che faceva pipì dietro l’albero”
“Signor generale – si giustificò il sergente maggiore Superina – purtroppo non è stato possibile. Come lei sa, ci sono 3000 soldati qui dentro. Però se permette le suggerisco un modo sicuro per trovarlo. Facciamo scendere tutti e tremila i soldati in cortile, e lì, tutti sull’attenti, ordiniamo a tutti di tirarlo fuori. Se suo moglie è in grado di riconoscere l’attrezzo, abbiamo trovato il colpevole!”
Il generale Latilla incrociava ancora la mia attività letteraria nel 1994. Mentre stato scrivendo il secondo volume di Immagini ed Evoluzione del Corpo Automobilistico, fra le cartelle dell’archivio del Comando Trasporti e Materiali trovai alcune sue dettagliate memorie su quanto da lui operato in occasione dell’8 settembre 1943.
A novembre del 1999, ricevevo una nuova telefonata da Gino Latilla. Suo zio gli aveva espresso il desiderio di rivedere la sua vecchia caserma.
“E quando mio zio desidera una cosa, per me è un ordine e basta; è stato sempre un tiranno ma oramai non riesco più a sopportarlo”.
Il mio amico e collega colonnello Fiorini, comandante di caserma fu ben lieto di accontentarlo. Il generale , già centenario, giunse con sua moglie, di 97 anni. Erano sposati da 75 anni. Il vecchio ufficiale rivedeva dopo 46 anni la sua vecchia caserma, rimanendo impressionato di come tutto fosse cambiato: “Lì c’era una porta, là c’era un muro, qui avevo messo un faro…”. Quando se ne andava, nell’apporre la sua firma sul registro degli ospiti, scriveva: “Sono entrato in un altro mondo…”.
Ebbi necessità di ricontattare il generale sul finire del 2003, non ricordo perché e tentai l’approccio sempre attraverso il nipote Gino:
“Oramai ho rotto ogni rapporto con mio zio – mi rivelava il cantante – è rimasto solo e non ci sta nemmeno più con la testa. Comunque, se vuole, provi a chiamarlo”.
Provai. Rispose una donna, dall’accento straniero; la sua badante. Mi spiegò che le condizioni di salute non permettevano al generale di parlare con nessuno. Da una stanza vicina si sentivano arrivare delle urla.
Nel 2004, era sempre l’Autiere ad annunciare la scomparsa di Domenico Latilla, a 105 anni. Con lui, si spegneva l’ultima voce fra le trenta che si erano raccontate nel mio libro.