fu Francesco e fu Fiorella Maria Carmela, da Barletta (Bari), capitano 82° Battaglione
Coloniale (Alla memoria).
Medaglia di Bronzo al Valor Militare
“Comandante di compagnia fucilieri, già distintosi in precedenti azioni, durante due giorni di aspri combattimenti, si lanciava a più riprese alla testa dei suoi uomini contro il nemico, che, sorpreso dall’audace e tempestiva azione, volgeva in fuga, lasciando sul terreno numero i morti. Inviato successivamente col suo reparto in rinforzo ad un battaglione duramente impegnato contro forze preponderanti, con slancio irresistibile e indomito coraggio, assaltava il nemico, superiore di numero
e in posizione dominante, ricacciandolo con gravi perdite, e· permettendo al battaglione di riassestarsi, e riprendere indisturbato il movimento”. – Torrente Fettam-Stretta di Censa Micael (A.O.I.), 16-17 ottobre 1940-XIX. R.D. 21 giugno 1942-XX. B.U. 4 ° trim. 1942 pag. 8078.
Medaglia d’Argento al Valor Militare
“Ufficiale di alte virtù militari, animato da non comune ardimento, confermava in ogni contingenza di guerra il suo sereno sprezzo del pericolo. Durante un violento combattimento, alla testa di due compagnie, si lanciava contro munite posizioni avversarie, conquistandole a bombe a mano, mentre stava per giungere primo sull’ultima posizione avversaria, veniva ferito ad un fianco. Incurante del dolore proseguiva la propria azione e animati gli ascari con la parola e l’esempio, si lanciava in un violento assalto che aveva ragione dell’avversario. Cadeva fulminato da una pallottola in fronte, sulla posizione raggiunta, fulgido esempio di eroismo e di magnifiche doti militari”. – Sardò Mesghì (Mescenti), Goggiam Settentrionale-A.O.I., 2 aprile 1941-XIX.
R.D. 21giugno1942-XX. B.U. 4° trim. 1942 pag. 8071.
da Barletta (Bari), sergente maggiore del 4 ° Reggimento Fanteria Coloniale, 8° Battaglione Libico.
Croce al Valor MiJitare
“Sottufficiale di maggiorità, si prodigava volontariamente, otto intenso fuoco nemico nel servizio del rifornimento munizioni ai reparti di linea e nella trasmissione di ordini e di informazioni, dando prova di abnegazione e di sprezzo del pericolo”. – Gianagobo Bicut, 15-19 aprile 1936. R.D. 6 agosto 1937. B.U. 2° quad. 1938 pag. 4087
da Barletta (Bari). tenente nel 3° Gruppo Bande Armate di Confine (Alla memoria).
Medaglia d’Argento al Valor Militare
“Con alto senso del dovere, alla testa di pochi fucilieri, si gettava su nuclei nemici nascosti in crepacci che erano causa di gravi perdite ai reparti e li annientava pagando con la vita il suo eroico comportamento”. – Hamanlei. I 1 novembre 1936. R.D. 7 maggio 1936. B.U. 2° sem. 1936 pag. 2963
da Barletta (Bari), maresciallo 2° Battaglione Eritreo.
Croce al Valor Militare
“Maresciallo addetto alla carovana del battaglione, in un momento di sosta del convoglio, saputo che il battaglione era fortemente impegnato, affidava temporaneamente ad altro sottufficiale il comando della carovana e raggiungeva quindi di sua iniziativa i reparti in linea per partecipare con essi al combattimento.” – Beni Ulid, 27 dicembre 1923. R.D. 1° ottobre 1925, 2° sem. 1925 pag. 3016 .
di Gaetano e Marino Filomena, nato a Barletta (Bari), il 12 novembre 1915, soldato numero di matricola 49652, della 5a Brigata Coloniale, 5a compagnia Genio.
Croce al Valor Militare
“Radiotelegrafista, durante un combattimento, incurante del nutrito fuoco avversario, disimpegnò con calma, coraggio e serenità il suo servizio, assicurandone il regolare funzionamento per tutta la durata dell’azione.” – Noarì, 23 maggio 1937-XV. R.D. 8 agosto 1938-XVI. B.U. 2° quad. 1939 pag. 2886.
di Francesco e fu Rizzi Francesca, da Barletta (Bari), classe 1913, tenente in s.p.e. del 71° Battaglione Mussulmani.
Medaglia di Bronzo al Valor Militare
“Dopo violento combattimento contro rilevanti forze nemiche, alla testa del reparto, si lanciava alla baionetta, infliggendo gravi perdite ai ribelli, che, terrorizzati, si davano alla fuga, abbandonando armi e munizioni”. – Laibiet-Corrà (Marabetié), 5 novembre 1938. R.D. 3 giugno 1940. B.U. 3° trim.
1941 pag. -+787.
Tenente Fanteria s.p.e., 90° Battaglione Coloniale.
Medaglia d’Argento al Valor Militare
“Comandante di compagnia fucilieri guidava con slancio ed ardimento il proprio reparto all’attacco di forze preponderanti, sostenendo, per circa due ore, violenta ed aspra lotta. Forze che, infine, travolge-va in audace assalto e inseguiva infliggendo sensibili perdite. Comandante valoroso e capace”. – A.O., gennaio 1941. D. 20 marzo 1950. B.U. 1° sem. 1950 pag. 1343.
di Maffei Gaetana, da Barletta (Bari), classe 1910, sergente, 240° Battaglione della Difesa di Culqualber.
Croce al Valor Militare
“Comandante di squadra dislocata in un caposaldo, chiamato col suo plotone ad arginare l’avvenuta irruzione del nemico nella posizione, dava prova di eroismo, contrastando passo per passo il terreno al nemico”. – Culqalber (A.O.), 21 novembre 1941. D.P. 16 ottobre 1952. B.U. 4° trim. 1952 pag, 4473.
di Pasquale, distretto di Barletta, classe 1916, tenente, 41 ° Battaglione Coloniale.
Croce al Valor Militare
“Ufficiale di battaglione coloniale, partecipava con elementi nazionali ad una azione di sorpresa su posizioni nemiche, dimostrando sprezzo del pericolo, decisione e coraggio”. – Passo Falaga (A. O.), 4 maggio 1941. D.P. 1° dicembre 1952. B.U. I 0 trim. 1953 pag. 382.
di Barletta (Bari). Sottotenente di Cavalleria di complemento del 1° Squadrone Cavalleria Coloniale.
Medaglia di Bronzo al Valor Militare
“Comandanre di plotone appiedato durante un combattimento contro formazioni ribelli, inviato di rinforzo ad altro plotone seriamente impegnato, alla testa dei suoi attaccava l’avversario su di un fianco, infliggendogli, dopo aspra lotta, gravi perdite, costringendolo alla fuga e disimpegnando così l’altro plotone”. – Torrente Fetagher, 25 giugno 1938. R.D. 22 aprile 1940. B.U. 2 trim. 1941 pag. 3993.
Un piccolo tributo al loro attaccamento al dovere, spesso fino ad immolare la loro vita sul campo dell’onore.
Fonte: Albo d’Oro dei decorati del Nastro Azzurro per la provincia di Bari
BINETTI COSIMO
fu Michele e fu D’Ascoli Grazia, nato a Barletta (Bari) il 2 gennaio 1906, sergente maggiore nel Battaglione Carri Assalto dell’Harar, matricola numero 40324.
Medaglia d’Argento al Valor Militare.
“Sottufficiale capo carro, partecipava a numerosi combattimenti svoltisi sul fronte somalo e nel Hararino, dimostrando in ogni frangente spiccate qualità di combattente e trascinatore di uomini. Duramente provato nel combattimento di Hamanlei e dopo aver partecipato all’aspro combattimento e all’inseguimento del nemico in fuga, di ritorno, visto due blindo impantanate nell’uadi Fafan, con estremo sprezzo del pericolo ed alto senso di cameratismo, riusciva dopo inauditi sforzi a trarne una in salvo, nonostante venisse fatto segno a vivo fuoco. Volontariamente e ripetute volte assumeva il comando di una mezza sezione autoblindo, riuscendo sempre ad assolvere brillantemente i compiti affidatigli, contribuendo efficacemente alla riuscita delle azioni. Magnifico esempio di alte virtù militari e di sprezzo del pericolo.” Hamalei, 11 novembre 1935-Collubi, 14-20 agosto 1936. Langhei, 17 settembre 1936. R.D. 4 aprile 1940 B.U. 1° trim. 1941 pag. 2073.
Croce al Valor Militare
“Sottufficiale di contabilità si offriva volontario per eseguire ricognizioni in zona infestata da ribelli dimostrando capacità e coraggio. Durante più attacchi, noncurante del fuoco nemico, usciva spesso dalla propria autoblinda per meglio individuare gli obiettivi che poi abbatteva efficacemente, contribuendo al felice esito dell’azione.”
Collubi, 14-15 agosto 1936-XIV. R.D. 11 ottobre 1938-XVIl. B.U. 2° quad. l 939 pag. 2392.
In ricordo del Tenente Vitantonio Notarnicola
Alcune date sul calendario fanno tornare alla mente vicende che sembrano un po’ sbiadite dal tempo volato via inesorabile. Così capita di far riaffiorare storie che hanno coinvolto uomini di un passato nemmeno troppo lontano. L’occasione è data dai 70 anni della battaglia di Cheren (Eritrea), che di per sé può sembrare una delle tante battaglie della Seconda Guerra Mondiale in terra d’Africa, se non che essa ha visto come protagonista un nostro giovane concittadino dell’epoca. Ci riferiamo al Tenente Vitantonio Notarnicola che pagò con la vita la sua terribile esperienza bellica ed a cui Turi ha dedicato una strada. Egli, figlio di Giacomo e di Antonia Laterza, nacque a Putignano, paese della madre, il 15 marzo 1911 e crebbe nella masseria di famiglia in Contrada Sant’Angelo. Ebbe la capacità e la volontà, abbastanza rara per l’epoca, di arrivare a conseguire il diploma di ragioniere presso un istituto tecnico commerciale di Bari, alloggiando presso parenti e rientrando a casa ad ogni fine settimana. Questo titolo di studio gli permise di accedere all’Accademia Militare e di intraprendere la carriera di ufficiale dell’Esercito Regio.
Inviato in Africa Orientale in occasione dell’avventura coloniale italiana in Etiopia, il 5 maggio 1937 venne insignito della Croce al Merito di Guerra con decreto ministeriale firmato da Benito Mussolini, all’epoca anche a capo del dicastero. Nello stesso anno il primo episodio bellico che lo vede protagonista. In Etiopia, entrata da poco a far parte dell’Impero italiano ma non completamente conquistata, bande di forze ribelli contrastavano la presenza territoriale italiana. Presso il villaggio di Rob Gheveà nella provincia del Goggiam, il 7 dicembre, le truppe italiane si scontrarono con i ribelli abissini preponderanti per numero e fu un combattimento cruento dove le perdite italiane furono notevoli (tant’è che alcuni storici militari l’hanno definita la “Little Big Horn” italiana, in ricordo del massacro dei soldati del Generale Custer da parte dei Sioux). Gran parte degli ascari, assoldati a supporto dei militari italiani, fuggirono di fronte ai partigiani etiopici. Sul campo caddero molti soldati italiani tra cui nove ufficiali[1] ed altri vennero fatti prigionieri e in seguito trucidati. Vitantonio, tenente di complemento del 36° Battaglione Coloniale, nel ripiegamento delle nostre truppe venne ferito ma continuò a combattere incitando i suoi uomini a tenere tenacemente ferma la loro posizione. Per questo motivo, con Regio Decreto del 19 febbraio 1940, venne insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare. Rientrato in patria per la convalescenza in seguito alle ferite subite, raccontò delle sue vicende africane, arricchite da numerose foto, una passione che coltivò anche durante l’esperienza coloniale. Appena ristabilitosi rientrò nei ranghi della fanteria e venne nuovamente inviato in Africa Orientale.
Come Comandante della 4^ Compagnia del 97° Battaglione Coloniale si trovò a subire i rovesci dell’esercito italiano nelle lontane colonie africane, stavolta ad opera delle truppe inglesi e che partirono proprio dalla disfatta di Cheren. In occasione di questa terribile battaglia iniziata il 2 febbraio 1941, il suo Battaglione, assieme a due compagnie del III Btg. Bersaglieri, intervenne a sostegno dell’11 Rgt. Granatieri di Savoia e tenne testa agli inglesi in cruenti corpo a corpo. In uno di essi, alla testa del suo reparto, attaccò una munita posizione nemica sul Monte Sachit (detto “Nido d’aquila”) e venne colpito mortalmente mentre incitava i suoi uomini ad avanzare strenuamente. Non aveva compiuto nemmeno trent’anni, era il 6 febbraio 1941. A Cheren gli italiani riuscirono a resistere eroicamente fino al 27 marzo quando cedettero alla superiorità di uomini e mezzi da parte dei soldati di Sua Maestà. Iniziò così lo sgretolamento del giovane impero italiano. La salma del Tenente Notarnicola venne tumulata presso il Cimitero Militare di Cheren, posto 262.
Successivamente la salma venne trasferita presso il nostro cimitero. Con Decreto del 13 dicembre 1948 al Tenente Vitantonio Notarnicola venne conferita, alla memoria, anche la Medaglia di Bronzo al valor militare. Memoria che riaffiora ancora oggi a distanza di 70 anni. Un doveroso ringraziamento lo si deve ai familiari del Tenente Notarnicola, prof. Pasquale Lerede e prof.ssa Liliana Carucci, ed alla prof.ssa Rosanna Palmisano che ci hanno permesso di ottenere alcune importanti fonti biografiche e fotografiche e all’amico Gabriele Zorzetto per i resoconti delle vicende belliche.
[1] A Rob Gheveà non caddero 9 ufficiali, ma ben 16: 9 furono solo quelli del 36°; altri 7 ne morirono del 6° arabo-somalo, mentre altri due, creduti morti (uno venne anche citato su una lapide ai caduti, a Bologna), furono invece presi prigionieri e sopravvissero, anche se in pessime condizioni.
In ricordo del ten. Giuseppe Colapietro Medaglia d’Oro al Valor Militare
Giuseppe Nicola Colapietro, primo di cinque figli, nacque a Turi il 4/12/1895 da Vito Lorenzo Colapietro, intonachista, e da Maria Arrè donna religiosissima. Apparentemente delicato, snello, agile, volitivo, tenace, aveva una insospettata fibra di resistenza eccezionale, incurante del pericolo, quasi temerario. Grandi erano le sue doti per cui, se fosse vissuto ancora, certamente sarebbe salito molto in alto.
Conseguì la licenza in Ragioneria e Commercio, dopo il diploma di insegnante elementare, e si iscrisse all’Università Bocconi di Milano.
Da giovane mostrò indole buona, grande forza di volontà, tenacia ammirevole, fervido attaccamento agli studi, forte proposito di crearsi presto un avvenire indipendente e dignitoso.
Volle sempre un gran bene ai genitori, ai fratelli e alle sorelle. Avrebbe voluto essere ufficiale di Aeronautica. Sognava epiche gesta. La madre intravvedendo nuovi e più numerosi pericoli, lo dissuase. Egli pur fortemente contrariato, per farla felice, rinunziò all’ideale che in quel momento era in cima ai suoi pensieri. Amava moltissimo la sua città natale, Turi, e amava immensamente l’Italia e per essa dette tutto, anche la vita.
Non aveva ancora venti anni quando indossò, da volontario, la divisa militare in qualità di ufficiale di complemento presso la Scuola militare di Modena , nonostante che all’ultima visita medica volevano dichiararli rivedibile.
Nominato aspirante ufficiale nel marzo 1916, ricevette il battesimo del fuoco col 139° Reggimento Fanteria sul Carso. Si distinse sulla Bainsizza e nel Trentino.
Nell’agosto del 1916 partì col Corpo Interralleato in Macedonia, rinnovando le non poche azioni di rischio e di valore. Negli aspri combattimenti di Monastir, fu sempre tra i primi ed ebbe la croce al merito di Guerra.
Rimpatriato in Italia per frequentare un corso di aeronautica, chiese ed ottenne dopo qualche mese di ritornare in territorio dichiarato in stato di guerra. Ottenne di essere assegnato al 3° Reparto d’assalto, col quale partecipò a tutte le lotte, da Caporetto a Vittorio Veneto.
Nel 1922, già tenente di complemento, venne nominato tenente in servizio permanente effettivo e, subito dopo, dal 1923 al 1926, fu al comando di truppe indigene, prendendo parte nella primavera del 1924, sempre
con lo stesso eroismo a 35 dei 40 combattimenti svoltisi sull’Altipiano Cirenaico.
Fu cosi proposto per la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, sul campo, dopo le battaglie di El Buerat e di Gasr Fonat.
Nel 1928 fu in Eritrea con X Battaglione Eritreo e poi passò in Libia, comandante del 3° plotone del 4° Gruppo Sahariano, alle dipendenze di S.A.R. Amedeo di Savoia Aosta, sino al 1931.
Per la competenza dimostrata e per le continue prove di slancio e di eroismo nei duri cimenti del Fezzan, meritò la Medaglia d’Argento al Valor Militare, mentre il Ministero delle Colonie gli conferì un’altra Croce al merito di Guerra.
Chiese ed ottenne di partecipare alla guerra di Etiopia. Sbarcato a Mogadiscio, pur potendo rimanere ad addestrare le truppe,chiese di andare in linea al comando degli indigeni. Venne proposto per la Croce di Guerra al Valor Militare per la foga e la perizia dimostrata nello snidare, durante 48 ore di fuoco, i nemici dalle caverne con il lancio di bombe a mano e precisi tiri delle proprie mitragliatrici, nell’aspra battaglia sul Ganale Doria.
Prese parte all’eroica avanzata su Neghelli e nella epica battaglia di Monte Dunun, alla testa del IX Battaglione Arabo Somalo, si battè leoninamente contro soverchianti forze nemiche, bene agguerrite e comandate da Gabriè Mariàm, rimanendo sul campo, colpito al petto, in un combattimento che il generale Annibale Bergonzoli chiama uno dei più duri che abbia sostenuto in tre campagne.
Sempre, insieme al coraggio, unì il sentimento dell’amicizia, dell’altruismo, della modestia. Nella primavera del 1924, ad esempio, in un fortino italiano nel Fezzan, si battè coraggiosamente e segnalò ai suoi superiori gerarchici che il merito era di un suo subalterno, che non aveva partecipato a quella operazione. Faceva questo per ottenere un maggiore affiatamento tra i suoi ufficiali ed un impegno a battersi alla prima occasione, seguendo il suo esempio.
Ecco in breve il suo stato di servizio:
- Tre campagne della Grande Guerra.
- Due campagne della guerra Italo -Turca.
- Decorato di tutte le medaglie decorative dell’una e dell’altra.
- Decorato della Croce al Merito di Guerra.
- Encomiato perché «ha partecipato col X battaglione eritreo alle operazioni nel Gebel Anaghir per lo svolgimento delle quali il reparto è stato solennemente encomiato da S. E. il Governatore della Cirenaica con la seguente motivazione: “In un breve ma faticoso ciclo di operazioni con i ribelli della zona di Gebel Anaghir, dava prova di magnifico valore, infliggendo una grave sanguinosa sconfitta ai ribelli ed ottenendo con gli altri reparti che concorsero all’azione, un successo quanto mai brillantee fecondo di risultati”»
- Encomiato perché: «Comandante di plotone sahariano, incaricato di proteggere un lontano abitato dalla incursione di una mehalla ribelle, assolveva il suo compito, coprendo in meno di 30 ore 130 chilometri. Avuta notizia che un altro reparto, dello stesso gruppo sahariano inseguiva da presso la mehalla, disponendo di forze a queste inferiori, con lodevole spirito di cameratismo, riprendeva subito la marcia per portare il suo valido contributo che sarebbe stato senz’altro prezioso e decisivo, se le sorti del combattimento non fossero state rapidamente favorevoli, come furono».
- Decorato della Medaglia di Bronzo al Valor Militare, 13 gennaio 1930.
- Decorato della Medaglia di Argento al Valor Militare, in commutazione della medaglia di bronzo, con la seguente motivazione: «In due aspri combattimenti, guidando con perizia e trascinando con l’esempio del suo mirabile ardimento il proprio plotone meharisti all’attacco di agguerrite e numerose forze nemiche, ne infrangeva la resistenza e le volgeva in fuga, contribuendo così a due importanti e proficue vittorie. Sciueref Unn el Kel (Tripolitania), 25/5/1929».
- Decorato della Croce al Merito di Guerra per operazioni guerresche nella colonia, 10/12/1934.
La sera del 18 maggio 1936 nella cappella presso l’ospedale da campo di Neghelli egli partecipò con il generale Bergonzoli alla Santa Messa e fece la Santa Comunione.
La mattina del 19 maggio, di buon ora partì alla testa dell’XI battaglione arabo-somalo. Gli abissini erano insediati in un sistema cavernoso a ferro di cavallo, con piazzamenti di mitragliatrici pesanti. Ricevuto l’ordine dal gen. Bergonzoli di addentrarsi, nonostante l’incrociato sbarramento di fuoco, avanzò disponendo la 1a compagnia a raggiera, mentre la cavalleria nemica tentava di circondarli. Alle 10,15, caduti tutti gli ufficiali della 1a compagnia, vistosi scoperti ambedue i fianchi ed avanzato sulla destra, a circa 10 metri da un termitaio, andò oltre con il 2° plotone comandato dal maresciallo (iusbasci) somalo Mohamed Assan, portandosi sulla trincea nemica per espugnarla con getto di bombe a mano. Rimasto con 12 uomini, si portò solo sulle mitragliatrici prossime ad essere prese dal nemico. Colpito una prima volta da una pallottola nemica, al fianco destro, al maresciallo (iusbasci) somalo che accorse a soccorrerlo e che cercava di metterlo in salvo, non volendo retrocedere, disse: “Mohamed ! Mohamed tu avere paura ! Io andare avanti !” Incurante del dolore, con supremo eroismo, mentre in piedi lanciava altre bombe a mano, veniva nuovamente colpito in pieno petto. Sul campo gli fu conferita la medaglia d’oro con la seguente motivazione:
“Chiesto ed ottenuto, col suo reparto, il posto d’onore, con ardito animo e con grande sprezzo del pericolo, guidava la sua compagnia all’assalto di posizioni avversarie. Stretto da preponderanti forze nemiche, e benchè ferito, non desisteva dalla lotta. Nuovamente e mortalmente colpito, mentre con slancio ritentava l’assalto, lasciava eroicamente la vita sul campo. Monte Dunun (Neghelli), 19/5/1936”.
Undici giorni dopo la morte del cap. Colapietro, i tenenti Lombardi e Gallina con lo iusbasci Mohamed Assan andarono a cercare la salma dietro un cespuglio, ove quest’ultimo lo aveva nascosto, durante la battaglia. Trovarono solo alcune ossa ed un biglietto dal quale risultava che era appartenuto alla 1acompagnia del IX battaglione arabo-somalo. Il cadavere era stato spogliato e depredato dal nemico e divorato dalle iene. I pochi resti furono ricomposti in un’urna.
A Turi fu dedicata a lui la piazza che è dinnanzi all’ingresso del palazzo marche sale, vicino Porta Nuova e fu murata una lapide sulla facciata del palazzo municipale che dice così:
IL CAPITANO – GIUSEPPE COLAPIETRO – ARDITO NELLA GUERRA MONDIALE – VALOROSO NELL’AZIONE DEL FEZZAN – VOLONTARIO NELL’IMPRESA ETIOPICA – CON LA VISIONE DI UNA FORTE ITALIA IMPERIALE – NEL COMBATTIMENTO DI MONTE DUNUN – IL 19 MAGGIO 1936 – EROICAMENTE CADDE – FULGIDO ESEMPIO AI SUOI ARABO-SOMALI – ONORE DELLA CITTA’ NATALE – INCITAMENTO ALLE FUTURE GENERAZIONI – PERCHE’ SENTANO – COME LUI – IL CULTO DELLA PATRIA – LO SPIRITO DI SCARIFICIO – L’ARDENTE FEDE NEL NOSTRO AVVENIRE – TURI MAGGIO 1937.
A mia madre
Vorrei darti tanti nomi belli,
ma il più bello te l’ho dato:
Mamma!
Vorrei dirti tante cose care,
ma so dirti solamente;
Mamma!