L’ASSALTO ALLA BAIONETTA

images
MENTRE LO UCCIDEVO, I NOSTRI SGUARDI SI INCONTRARONO (Tratto da “Ultime voci dalla Grande Guerra”)
16 gennaio 2017
images
URANIO IMPOVERITO E TUMORI DEI SOLDATI, “NESSO CERTO”. LA “SINDROME DEI BALCANI” HA UN COLPEVOLE –
16 gennaio 2017

L’ASSALTO ALLA BAIONETTA

images

di Valido Capodarca
Uno dei momenti più temuti, nella Grande Guerra, era l’assalto alla baionetta, e spesso i soldati si accorgevano della sua imminenza per l’intenso odore di alcool che proveniva dalla trincea opposta; prima dell’assalto venivano somministrate forti quantità della sostanza, per inibire la paura. Così Ottone Origlia, a 95 anni, rievoca i suoi ricordi.
(estratto da “Ultime voci dalla Grande Guerra”)

“All’improvviso, il silenzio della notte venne spezzato da alcuni colpi di fucile diretti proprio verso di noi, dapprima isolati, poi sempre più fitti. Dal bagliore che accompagnava gli schianti, riuscii a localizzare la posizione del nemico. L’attacco proveniva dal nostro fianco destro; il nemico, nascosto nel folto di una boscaglia, ci coglieva d’infilata, con tiri che fiondavano paralleli al nostro inutile muricciolo.
Il tenente comandante del nostro plotone, resosi conto della pericolosità e della precarietà della nostra situazione, scavalcato il riparo, raggiunse il colonnello comandante del reggimento vicino, allo scopo di far presente la cosa e chiedere consigli sul da farsi. Quegli, ergendosi con fare altezzoso, e pavoneggiandosi nella sua corazza, ribatté: “Dove credete di essere? a Roma? questa è guerra!” Il giovane ufficiale tornò sui suoi passi, e prese posto alla mia destra. Sarebbe stato, quello, l’ultimo gesto della sua vita: una pallottola lo centrò, ed egli cadde morto al mio fianco. Forse quella pallottola aveva già il nome del mio tenente scritto in punta; senza il riparo offertomi dal suo corpo, avrei potuto essere io il destinatario.
Tutt’a un tratto, al grido di “Hurrah!” gli Austriaci scattarono dal loro nascondiglio e balzarono contro di noi. Al loro grido fece eco il nostro “Savoia!”. Schizzati in piedi, ci scagliammo contro il nemico, ingaggiando un feroce duello alla baionetta.
Per cinque minuti, nel bagliore dei bengala di segnalazione, il campo di battaglia si trasformò in un mattatoio, tutti intenti, Italiani e Austriaci, a scannarci l’un l’altro».”
La crudezza del racconto non ci fa dimenticare che davanti a noi non c’è un anonimo cronista, ma un protagonista dei fatti narrati. Questo vecchio dai capelli bianchi è lo stesso ragazzo che 75 anni prima si era trovato nella disperata necessità di spingere quel lungo ferro appuntito nel corpo di un ragazzo suo coetaneo, che aveva il solo torto di parlare una lingua diversa, di essere un po’ più biondo e avere un colorito più roseo e che, per mano sua, perdeva la vita a vent’anni. La guerra, si sa, è bestiale, irrazionale; è, ci sia consentito, stupida, ma è guerra. Uccidi per non essere ucciso, anche se sai bene che neppure l’altro, quel ragazzo che ti corre incontro con la baionetta puntata al tuo petto, ti vorrebbe far male.
Queste riflessioni ci spingono a interrompere il racconto con una domanda:
“Ma, dimmi (ormai abbiamo familiarizzato… e poi il contadino marchigiano non parla mai in terza persona), cosa provavate in quei momenti? come sentivate quel sentimento così naturale che è la paura?”
«Paura? non c’è paura, quando si combatte, sul campo di battaglia. Ormai eravamo talmente assuefatti all’idea della morte, che nessuno dava più un prezzo alla propria vita. Vivere… morire, due parole che nella nostra mente avevano ormai lo stesso peso, lo stesso valore.”

Pochi mesi dopo Ottone Origlia venne ferito a una gamba, trapassata all’altezza del ginocchio da un proiettile austriaco che lo rese zoppo e invalido per tutta la sua vita. Nonostante ciò, nei suoi 98 anni vissuti nessuno lo sentì mai pronunciare parole di risentimento nei confronti dei suoi antichi nemici, che egli definiva “poveri ragazzi come noi”.